L'ARTE RENDE TANGIBILE LA MATERIA
DI CUI SONO FATTI I SOGNI

 

Genere: Musicale


Durata: 65 minuti


Divieti: Per tutti

Soggetto: Ettore Florio

Sceneggiatura: Ettore Florio


Produzione: Moviestart Production/ Associazione Culturale Marcheting


Regia: Ettore Florio


Interpreti principali: Bruno Pratico', Paola Antonucci, Simone Alberghini, Francesco Panni, Nino Lezhava, Ilyan Atagalyev

Altri interpreti: Alessandro Gimelli, Angela Pascucci, Roberto Siepi, Fabio Galli


Distributore Italiano: Moviestart Production


Rivendite estere: Moviestart Production


Collaboratori:
Direttore fotografia Maria Beatrice Barberis


Produttore esecutivo: Roberto Siepi

 

 

Soggetto: Una carrozza procede lentamente sul lungomare Nazario Sauro, in un mattino di una giornata festiva primaverile (metà Maggio). L'atmosfera è quieta e silente, sul mare il sole, che si è appena levato, crea mille riflessi dorati. Sulla carrozza, oltre al cocchiere a cassetta, si trova comodamente seduto il nostro protagonista Gioacchino Rossini che, ormai avanti negli anni, compie un immaginario e surreale viaggio nel tempo, ripercorrendo nell'arco di una giornata i luoghi a lui noti e cari della città che gli ha dato i natali. Giunta in prossimità del piazzale (attuale Palla di Pomodoro), la carrozza svolta mentre lo sguardo di Rossini si posa con stupore e meraviglia sul Villino Ruggeri, splendida costruzione in stile Liberty, fatta erigere all'inizio del secolo scorso. Davanti alla villa appare e si esibisce un tenore nella celebre aria "Ecco ridente in cielo..." dal Barbiere di Siviglia. Poi la carrozza prende il viale della Repubblica lasciando alle spalle la panoramica veduta del mare. Rossini osserva incuriosito le ville ai lati del viale, ma la sua memoria, in una dissolvenza di immagini ritorna a una vecchia stampa che riproduce il viale senza le ville, con un tram a cavalli e, sullo sfondo, l'ottocentesca costruzione del Kursaal. La carrozza è già nei pressi di via Rossini, mostrando il portale romanico della Cattedrale, poi, giunta all'altezza di Piazzale Collenuccio, si ferma. In fondo al piazzale della Canonica spunta un prete con la veste talare e con il tradizionale berretto a tre punte che si rivolge con voce forte e ferma a un ragazzino che sta giocando insieme agli amici "Giovachino, dai, muoviti, vieni a cantare!". In cima alla via, dalla carrozza, Rossini assiste alla scena con commozione: commento fuori campo "Cosa sarebbe stata la mia vita senza quel rompiscatole di prete e senza mia madre, ai quali devo tutto?". All'interno della chiesa, il piccolo Giovachino canta insieme al coro accompagnati dal prete all'organo. La carrozza riprende il lento cammino e dopo pochi metri si ferma di fronte alla casa natale di Rossini, alza lo sguardo verso il balconcino e i suoi occhi non nascondono una certa commozione. Improvvisamente le persiane, quasi per incanto, si aprono e si affaccia la bella Rosina che intona la celebre aria: "Una voce poco fa" dal Barbiere di Siviglia. Rossini scende dalla carrozza, entra in casa soffermandosi su ogni piccola cosa che in lui desta il ricordo del breve tempo trascorso a Pesaro. La commozione diventa intensa quando nella sua memoria immagina la scena di una giovane donna (la madre), seduta su una sedia impagliata di fianco al camino, che regge sulle ginocchia un bambino (IL PICCOLO GIOVACCHINO) al quale canta un'amorevole canzone dell'epoca. Di nuovo in carrozza e per strada, mentre si avvia verso la piazza, percorrendo un insolito tragitto che la conduce nella piazzetta Toschi Mosca, dove Rossini osserva la Casetta Vaccai e, nell'androne del Palazzo Mosca, la Medusa, imponente opera di Ferruccio Mengaroni, che costò la vita al suo artefice. Rossini compie una breve visita al Museo della Ceramica, ammirando le pregiate maioliche pesaresi. La carrozza sta risalendo il Corso verso la Piazza e, dopo una breve sosta, giusto il tempo per ammirare il Palazzo Ducale, la vecchia fontana e il prospiciente Palazzo Baviera, Rossini si trova all'interno del Salone Metaurense, a seguire i leggiadri volteggi di due ballerini classici. Lasciata alle spalle via S. Francesco, con il bel portale gotico della Chiesa dei Servi di Maria, Rossini vuol rivedere anche Rocca Costanza (dove fu imprigionato il padre); davanti al portone aperto un basso si esibisce nella celebre aria "La calunnia è un venticello". Quasi di fronte il Palazzo Baldassini, con i giardini circostanti ben curati, luoghi dove sicuramente Rossini avrà scorrazzato da bambino. In questo viaggio immaginario Rossini rimane stupito scorgendo sulla piazzetta di fianco a Piazzale Matteotti, la statua di uno strano personaggio, che egli non conosce, il famoso poeta dialettale Pasqualon che di seguito rivivrà in un quadretto di altri tempi recitando una poesia di fronte ad alcuni popolani. Il viaggio immaginario nella memoria prosegue e la carrozza svolta in Via Branca. Risalendo via Almerici, si trova di fronte al maestoso palazzo che ospita il Conservatorio e il Pedrotti. Rossini scende e si trova nel cortile del Conservatorio dove troneggia la statua del grande Cigno pesarese. La voce fuori campo di Rossini accenna ai ricordi lungo il percorso, attraverso le aule di studio, il Tempietto Rossiniano, gli spartiti originali e altre testimonianze che confermano l'attaccamento di Rossini alla sua città natale, tanto da lasciarla erede di una cospicua somma di denaro per la creazione di una istituzione musicale. Rossini assiste con discrezione, senza essere visto, agli esercizi canori e musicali dei giovani allievi. Poi, da dietro il sipario del Pedrotti, con meraviglia, gioisce per l'esibizione di alcuni giovani allievi, flauto, pianoforte e violino, tenore e soprano in una celebre aria di sua opera. Con grande sorpresa Rossini scorge sul palco al lato del palcoscenico una giovane ed avvenente donna, una sua cara conoscenza, la contessa COSTANZA, moglie di GIULIO PERTICARI, la quale subì fortemente il fascino del celebre musicista. Rossini sensibile al fascino femminile, oltre che noto buongustaio rivive nella sua memoria la magia di quell'incontro e la cena in cui i due, quasi furtivamente, in assenza dell'amico GIULIO, forse colsero il momento del piacere. Il viaggio nella memoria sta per terminare, la carrozza è già di fronte al teatro Rossini. Il maestro scende e le porte si spalancano. Egli prende posto nell'ultima fila della platea. Il sipario lentamente si apre, un occhio di bue illumina il centro del palcoscenico e, mentre Rossini assorto nei suoi pensieri e nei suoi ricordi in un teatro completamente vuoto, appaiono sulla scena in sequenza alcuni artisti che cantano le più celebri arie dalle opere del grande maestro. Al termine di III esplosivo e impetuoso crescendo, Rossini si guarda intorno e volge il suo sguardo verso i palchi per accogliere l'applauso fragoroso di un pubblico assente che riecheggia solo nella sua mente. Nostalgia, gioie commozione, Rossini abbassa il capo chiudendo gli occhi, ormai felicemente appagato, mentre la macchina da presa indugia sui decori del soffitto. Con un'ultima dissolvenza appare l'immagine di un cigno che al tramonto si libra in controluce nel cielo sulle note di un caratteristico crescendo rossiniano. E così si conclude il viaggio del grande Cigno Pesarese.

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